In tv ed in radio è partita la propaganda governativa (e delle grandi lobby) sull'EXPO 2015.
NUTRIRE IL PIANETA è solo apparentemente uno slogan positivo, ma ci sono diversi motivi per sospettare che dietro questi buoni propositi vi siano gli interessi più o meno nascosti delle multinazionali della chimica, delle sementi e dell'ingegneria genetica che vogliono proporre la loro idea (molto industriale) di agricoltura.
Abbiamo sottoscritto questa lettera e vi invitiamo a farlo se, dopo averla letta, la ritenete condivisibile.
EXPO: LETTERA APERTA
Alle
Autorità
e p.c. agli
esperti invitati all’incontro istituzionale di Milano.
“Allo stato attuale
la produzione agricola mondiale potrebbe facilmente sfamare 12
miliardi di persone……. si potrebbe quindi affermare che ogni
bambino che muore per denutrizione oggi è di fatto ucciso”
Jean
Ziegler,
già Relatore Speciale delle Nazioni Unite sul diritto al cibo
Signor
presidente del Consiglio,
i giornali
ci informano che lei sarà a Milano il 7 febbraio per lanciare un
Protocollo mondiale sul Cibo, in occasione dell’avvicinarsi di
Expo. Ci risulta che la regia di tale protocollo, al quale lei ha già
aderito, sia stata affidata alla Fondazione Barilla
Center for Food & Nutrition. Una multinazionale molto ben
inserita nei mercati e nella finanza globale, ma che nulla ha da
spartire con le politiche di sovranità alimentare essenziali per
poter sfamare con cibo sano tutto il pianeta.
EXPO ha
siglato una partnership con Nestlè attraverso la sua controllata
S.Pellegrino per diffondere 150 milioni di bottiglie di acqua con la
sigla EXPO in tutto il mondo. Il Presidente di Nestlé Worldwide già
da qualche anno sostiene l’istituzione di una borsa per l’acqua
così come avviene per il petrolio. L’acqua, senza la quale non
potrebbe esserci vita nel nostro pianeta, dovrebbe quindi essere
trasformata in una merce sui mercati internazionali a disposizione
solo di chi ha le risorse per acquistarla.
Questi sono
solo due esempi di quanto sta avvenendo in preparazione dell’EXPO.
Scriveva
Vandana Shiva: “Expo
avrà un senso solo se parteciperà chi s'impegna per la democrazia
del cibo, per la tutela della biodiversità, per la difesa degli
interessi degli agricoltori e delle loro famiglie e di chi il cibo lo
mette in tavola. Solo allora Expo avrà un senso che vada oltre a
quello di grande vetrina dello spreco o, peggio ancora, occasione per
vicende di corruzione e di cementificazione del territorio.”
“Nutrire
il Pianeta, Energia per la vita.” recita il logo di Expo. Ma Expo
è diventata una delle tante vetrine per nutrire la multinazionali,
non certo il pianeta.
Come
si può pensare infatti di garantire cibo e acqua a sette miliardi di
persone affidandosi a coloro che del cibo e dell’acqua hanno fatto
la ragione del loro profitto senza prestare la minima attenzione ai
bisogni primari di milioni di persone ?
Expo si
presenta come la passerella delle multinazionali agroalimentari,
proprio quelle che detengono il controllo dell'alimentazione di tutto
il mondo, che producono quel cibo globalizzato o spazzatura, che
determina contemporaneamente un miliardo di affamati e un miliardo di
obesi.
Due facce
dello stesso problema che abitano questo nostro tempo: la povertà,
in aumento non solo nel Sud del mondo ma anche nelle nostre periferie
sempre più degradate.
Expo non
parla di tutto ciò.
Non parla di
diritto all'acqua potabile e di acqua per l'agricoltura familiare.
Non parla di
diritto alla terra e all'autodeterminazione a coltivarla.
Non si rivolge e non coinvolge i poveri delle megalopoli
di tutto il mondo, non si interroga su cosa mangiano, non parla ai
contadini privati della terra e dell'acqua, scacciati attraverso il
Land e Water grabbing, ( la cessione di grandi estensioni di terreno
e di risorse idriche a un paese straniero o ad una multinazionale),
espulsi dalle grandi dighe, dallo sviluppo dell'industria estrattiva
ed energetica, dalla perdita di sovranità sui semi per via degli OGM
e costretti quindi a diventare profughi e migranti.
E non cambia
certo la situazione qualche invito a singoli personaggi della cultura
provenienti da ogni angolo della terra e impegnati nella lotta per la
giustizia sociale. Al massimo serve per creare qualche diversivo.
In Expo a
fianco della passerella delle multinazionali si dispiega la
passerella del cibo di “eccellenza”. Expo parla solo alle fasce
di popolazione ricca dell'occidente e questo ne fa oggettivamente la
vetrina dell'ingiustizia alimentare del mondo, nella quale la povertà
si misurerà nel cibo: in quello spazzatura per le grandi masse e in
quello delle eccedenze e degli scarti per i poveri.
In questi
mesi, di fronte a tutto quello che è accaduto nella nostra città,
dall’illegalità allo sperpero di ingenti risorse economiche per
l’organizzazione di Expo in una città dove la povertà cresce
quotidianamente e che avrebbe urgenza di ben altri interventi, noi
abbiamo maturato un giudizio negativo su Expo.
Ma come
cittadini milanesi non posiamo fuggire la responsabilità di
impegnarci affinché l’obiettivo di “Nutrire il pianeta” possa
essere meno lontano.
Per questo
avanziamo a lei e alle autorità politiche ed amministrative che
stanno organizzando Expo alcune precise richieste.
Il
Protocollo mondiale sulla nutrizione che lei intende lanciare, pur
dicendo anche alcune cose condivisibili, evitando i nodi di fondo,
rimane tutto all’interno dei meccanismi iniqui che hanno generato
l’attuale situazione . Noi le chiediamo di porre al centro la
sovranità alimentare e il diritto alla terra negati dallo strapotere
e dal controllo delle multinazionali in particolare quelle dei semi.
Chiediamo che sia affermata una netta contrarietà agli OGM che sono
il paradigma di questa espropriazione della sovranità dei contadini
e dei cittadini, il perno di un modello globalizzato di agricoltura e
di produzione di cibo che inquina con i diserbanti, consuma energia
da petrolio, è idrovoro e contribuisce al 50% del riscaldamento
climatico.
Le chiediamo
che venga affermato il diritto all'acqua potabile per tutti
attraverso l’approvazione di un Protocollo Mondiale dell’acqua,
con il quale si concretizzi il diritto umano all’acqua e ai servizi
igienico sanitari sancito dalla risoluzione dell’ONU del 2011.
Chiediamo
che vengano rimessi in discussione gli accordi di Partnership tra
Expo e le grandi multinazionali, che, lungi dal rappresentare una
soluzione, costituiscono una delle ragioni che impediscono la piena
realizzazione del diritto al cibo e all’acqua.
Chiediamo
che si decida fin d'ora il destino delle aree di Expo non lasciandole
unicamente in mano alla speculazione e agli appetiti della
criminalità organizzata e che, su quei terreni, venga indicata una
sede per un’istituzione internazionale finalizzata a tutelare
l’acqua, potrebbe essere l’Authority
mondiale per l’acqua,
e il cibo come beni comuni a disposizione
di tutta l’umanità. Una sede dove i movimenti sociali come i Sem
Terra, Via Campesina, le reti mondiali dell’acqua, le
organizzazioni popolari e i governi locali e nazionali discutano: la
politica per la vita.
Una sede
nella quale la Food Policy diventi anche Water Policy, dove si
discuta la costituzione di una rete di città che assumano una Carta
dell’acqua e del Cibo, nella quale si inizi a concretizzare
localmente la sovranità alimentare, il diritto all’acqua, la sua
natura pubblica, la non chiusura dei rubinetti a chi non è in grado
di pagare, la costituzione di un fondo per la cooperazione
internazionale verso coloro che non hanno accesso all’acqua
potabile nel mondo.
Una sede
nella quale alle istituzioni e ai movimenti sociali, venga restituita
la sovranità sulle scelte essenziali che riguardano il futuro
dell’umanità.
"La
Terra ha abbastanza per i bisogni di tutti, ma non per l'avidità di
alcune persone” affermava Gandhi. E questa
verità oggi è più che mai attuale e ci richiama alla nostra
responsabilità, ognuno per il ruolo che svolge.
Moni Ovadia,
Vittorio Agnoletto, Mario Agostinelli, Piero Basso, Franco Calamida,
Massimo Gatti, Antonio Lareno, Antonio Lupo, Emilio Molinari, Silvano
Piccardi, Paolo Pinardi, Basilio Rizzo, Erica Rodari, Anita Sonego,
Guglielmo Spettante.
Milano 21
gennaio 2015.
Le adesioni
alla lettera aperta, sia individuali che collettive, vanno comunicate
ad uno dei seguenti indirizzi mail: